Nel momento in cui si divorzia, sarà possibile evitare di dichiarare la proprietà di una parte di beni, così da non doverne rispondere? No, e la Guardia di Finanza è in prima linea.
Il divorzio, una delle istituzioni del nostro Ordinamento Giuridico più controverse eppure a cui sempre più spesso ci si affida, per far cessare quelle relazioni matrimoniali ormai consunte. Che lo si faccia in modo sereno, cercando di mantenere rapporti civili per il bene dei figli, sia che lo si faccia litigando fino allo stremo, è necessario ricordare che esistono delle regole da rispettare.
Entrato in vigore in Italia per la prima volta nel 1970 e aggiornato costantemente negli anni, quello del divorzio è un istituto particolare, dato che oltre ad avere effetti civili, finisce necessariamente con l’avere conseguenze sul patrimonio dei divorzianti: un esempio è il cosiddetto assegno di mantenimento, un assegno periodico che una parte dovrà versare all’altra nei casi in cui un coniuge non abbia adeguati mezzi economici o abbia difficoltà di procurarseli per ragioni oggettive. Ma è forse possibile che si verifiche la situazione in cui si dichiara meno di quel che si possiede in realtà?
La legge sul divorzio, all’articolo 5 comma 9, recitava “i coniugi devono presentare all’udienza di comparizione avanti al presidente del tribunale la dichiarazione personale dei redditi e ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune”. Ciò serviva ad accertare la posizione fiscale dei coniugi, così che il giudice potesse sapere con esattezza a chi assegnare l’onere dell’assegno divorzile e come commisurarlo.
Per riuscire a contrastare i crescenti fenomeni di coniugi che tentavano di nascondere una parte dei loro beni, così che l’assegno fosse più basso, la riforma Cartabia ha introdotto una novità, che permetterà al giudice di avere un’ulteriore arma per l’accertamento della verità. Prima però, è d’obbligo spiegare che il giudice poteva già disporre indagini di natura tributaria.
La riforma Cartabia come detto, amplia la materia e permette al giudice di disporre ordini di esibizione e indagini sui redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita, anche nei confronti di terzi, valendosi se del caso della polizia tributaria. Di fatto, adesso ci si potrà avvalere della Guardia di Finanza per effettuare controlli più stringenti, grazie all’accesso a banche dati riservate.
Nonostante tale collaborazione con la GdF sia, al momento, in atto soltanto presso il Tribunale di Milano, bisogna considerare di come costituisca un grande passo avanti, dato che oltre sulla natura patrimoniale, il finanziere incaricato potrà accertare anche richieste di affidamento di minori. In questo modo, sarà molto più difficile omettere la proprietà di ogni bene.