Si parla tanto di salario minimo: 9 euro l’ora per tutti. Ma è davvero la soluzione? Attenzione: potrebbe essere una fregatura.
La proposta di un salario minimo torna ad occupare la scena riaccendendo il dibattito tra chi è a favore e chi non lo è. Ma siamo sicuri che sia il modo migliore per contrastare la povertà? Analizziamo la situazione nei dettagli.
Socialismo versus Liberismo: l’eterna lotta che non avrà mai fine tra chi vorrebbe imporre una presunta uguaglianza economica a tutti i costi e chi ancora si ostina a gridare “libero mercato in libero Stato”. Ed è in questo contesto che oggi si torna a parlare di un salario minimo che, a detta di chi lo propone, servirebbe ad assicurare a tutti uno stile di vita quantomeno dignitoso, a contrastare la povertà e a garantire un minimo di uguaglianza.
Il discorso, tuttavia, rischia di sfociare nell’ideologia perdendo di vista la situazione storica ed economica concreta del nostro Paese. Forse il salario minimo non è la soluzione. Forse prima di intervenire sulla paga oraria ci sono altri fattori a cui mettere mano per fare in modo che la vita di milioni di lavoratori migliori in termini economici ma anche di tutele e di garanzie.
Salario minimo: ecco la verità
Da un lato c’è chi parla di salario minimo a 9 euro e dall’altro chi inneggia alla competitività aziendale. In mezzo milioni di lavoratori che chiedono solo di riuscire ad arrivare a fine mese dignitosamente. E per raggiungere tale fine forse il salario minimo non è la soluzione più efficace.
Non è la soluzione più efficace in quanto gran parte dei contratti nazionali già prevedono una paga oraria superiore a 9 euro. La paga oraria, in media, si attesta intorno a 10,29 euro. I riders nel settore della logistica, trasporto merci e spedizione vengono pagati 11,20 euro l’ora. Anche nell’industria alimentare i dipendenti hanno una paga oraria che oscilla tra 10,25 e 11,11 euro.
Il problema della povertà non è legato tanto alla paga oraria quanto a contratti discontinui, mancanza di tutele e di garanzie, poche ore di lavoro e abuso di tirocini extracurriculari in aziende, attività commerciali, ristoranti. Sarebbe opportuno intervenire su questi aspetti prima che sul salario minimo che, al contrario, rischia di peggiorare la situazione. Sarebbe più utile mettere un limite al numero di tirocinanti o stagisti che si possono tenere all’interno di un’azienda.
Altro aspetto su cui intervenire è certamente l’ Irpef, cioè l’imposta sul reddito, a cui il Governo di Giorgia Meloni sta lavorando all’interno della riforma fiscale. Quest’ultima coinvolgerà tutte le principali imposte del nostro sistema tributario: Irpef, Ires, IRAP e IVA. L’abbassamento delle percentuali Irpef permetterà ai lavoratori dipendenti di avere buste paga più ricche; la modifica dell’Ires sarà uno stimolo alle assunzioni a tempo indeterminato mentre l’abbassamento dell’IVA aumenterà il potere d’acquisto.