Il segreto per vivere più a lungo e invecchiare tardi si chiama Hara Hachi Bu, ed è una tecnica giapponese, o meglio, uno stile di vita.
L’Hara Hachi Bu si basa fondamentalmente sull’economia calorica: non bisogna mai mangiare per sfamarsi, men che meno per abbuffarsi. Anzi, è meglio alzarsi dalla tavola prima che compaia la sensazione di pienezza o di sazietà. Il principio, di matrice confuciana, insegna appunto alle persone a mangiare fino a quando non sono del tutto piene. Si potrebbe tradurre come: “Mangia finché non sei pieno per otto parti (su dieci)”.
Si tratta dunque di riempirsi la pancia solo all’80%. Gli abitanti di Okinawa in Giappone continuano a praticare l’Hara Hachi Bu da secoli, consumando dalle 1.800 alle 1.900 kilo-calorie al giorno. E in quest’isola giapponese c’è la più alta concentrazione di ultracentenari del mondo.
Il biochimico Clive McCay, professore alla Cornell University negli anni ’30, studiò il fenomeno e concluse che una significativa restrizione calorica può prolungare la vita: lo provò anche con esperimenti su animali da laboratorio.
Come funziona l’Hara Hachi Bu, la tecnica giapponese per vivere cento anni
Molti nutrizionisti credono che l’Hara Hachi Bu possa agire come una forma di restrizione calorica, estendendo così l’aspettativa di vita, e questo grazie al ritardo nei recettori di stiramento dello stomaco che aiutano a segnalare la sazietà. Chi non praticare l’Hara Hachi Bu, in pratica, dilata continuamente lo stomaco, il che porta all’aumento del senso di fame e all’introduzione di calorie che appesantiscono il lavoro cellulare.
La dieta occidentale per il pranzo e la cena consiste in tre portate con un carico calorico del 20% per l’antipasto, del 60% per la portata principale, come la pasta, e di un altro altro 20% per il dolce. Secondo i dettami dell’Hara Hachi Bu bisognerebbe dunque eliminare l’antipasto o il dolce, per mette in atto una restrizione calorica sostenibile e sana.
Un’altra tecnica vincente per mangiare meno è quella di mangiare più lentamente. Per alzarsi da tavola un po’ affamati, bisogna infatti dare allo stomaco il tempo di inviare al cervello il segnale di sazietà. I giapponesi praticano anche la deglutizione lenta e consapevole, che aiuta la sazietà e migliora anche il processo digestivo in generale.
Contano anche gli alimenti che si mangiano. Alcuni prodotti, infatti, non saziano mai. O riempiono solo per un periodo ristretto di tempo. Nella dieta giapponese sono invece presenti cibi che aiutano la digestione e pieni di benefici, come il miso, il litchi che ha altissimi valori di vitamina C, l’azuki che ha in alto contenuto di fibre.