La criminalità organizzata si è evoluta negli anni. Non solo per quanto concerne gli affari illeciti. Ma anche nel modo di comunicare. Ecco come usa i social network
La ‘ndrangheta è ormai unanimemente riconosciuta come l’organizzazione criminale più potente al mondo. L’unica presente in tutti i continenti, l’unica capace di trattare da pari a pari con i narcotrafficanti dell’America Latina. In questa sua crescita esponenziale, le cosche hanno imparato anche a usare i social. Ecco come.
Per qualcuno è propaganda. Per altri costruzione del consenso. Qualcun altro, invece, considera tutto un semplice, magari temporaneo, passaggio dovuto all’ andamento e al cambiamento dei tempi. Ma è “accusato” di banalizzare il fenomeno. Ciò che è certo è che le mafie ai tempi dei social sono estremamente diverse dalle mafie come le abbiamo conosciute nel secolo scorso. Sono ormai lontani i tempi dei “pizzini” di Bernardo Provenzano.
Assai meglio di tante altre realtà, le mafie sono capaci di capire in anticipo i cambiamenti della società. E non solo quando si tratta di fare affari. Hanno abbandonato il mercato delle sigarette di contrabbando per passare a quello della droga quando è stato il tempo necessario. Hanno scelto di attaccare apertamente lo Stato o di colludere con esso scorgendo bene l’alba e leggendo bene il proliferare di stagioni politiche. Ma, soprattutto negli ultimi anni, sono state capaci di cambiare anche il loro modo di comunicare.
La ‘ndrangheta ai tempi dei social network
I figli dei boss degli anni ’70 hanno studiato, si sono laureati e sono diventati classe dirigente. Anche con questa crescita, con questi cambiamenti, le mafie continuano ad aver bisogno del territorio e del consenso popolare. Oggi un boss è un imprenditore e come tale ha il suo marketing, ha bisogno di pubblicità.
E, così, i rampolli degli importanti casati di ‘ndrangheta diventano, di fatto, influencer. Pubblicizzano un brand che può crescere solo se si nutre di consenso sociale, se fa sentire, soprattutto le giovani leve, parte di qualcosa. Le mafie sono ormai un brand e i social spesso sono il loro nuovo strumento di propaganda. Nessun intermediario, solo autonarrazione. I social diventano così la loro bacheca. Li usano tutti: Facebook, Twitter, Instagram, YouTube e soprattutto Tik Tok.
Recentemente è stato anche presentato un rapporto, “Le mafie nell’era digitale”. Da questo documento emerge come proliferino, sui social network, pagine che inneggiano ai (dis)valori propugnati dalle cosche. Una propaganda portata avanti attraverso post, foto, video, che diventano subito virali. Spesso si vedono i figli dei vecchi boss (che mai avrebbero approvato tali pratiche) ostentare lussi e opulenza, proprio per invogliare chi abbia il pensiero di avvicinarsi a questi mondi oscuri, con la prospettiva di facili guadagni. Il tutto, spesso, con le note di cantanti neomelodici come sottofondo.